martedì 30 ottobre 2012

La Bela Rosin


Aveva 14 anni quando il re Vittorio Emanuele II se ne innamorò.
Che donna. Bella? «Bella è bella, molto bella. Gran massa di capelli corvini, occhi scurissimi, carnagione perfetta. Il petto tutt’altro che acerbo»: parola di re. Ma anche di Gianni Farinetti, scrittore braidese prestato a Torino, fine giallista e grande appassionato della sua terra, che nella Regina di cuori, in uscita per Marsilio editore, ci regala un avvincente ritratto della Bela Rosin, alias Rosa Vercellana nonché contessa di Mirafiori (benché figlia di «un tamburo maggiore di Sua Maestà, uomo d’onore, un ottimo soldato fedelissimo alla dinastia»).
A guardarla in foto, però, nella sequenza di ritratti più o meno ufficiali, questa donna è tutt’altro che ossequiosa ai canoni estetici: viso un po’ squadrato, lineamenti decisi, occhi troppo distanti, nasino non certo alla francese. Ma una bocca carnosa, inevitabilmente sensuale. E quella natura corvina che non è solo un colore di capelli ma una profondità fisica di tutto il corpo, stranamente in lei unita a un’infinita dolcezza. Bela? Sì. Ma non certo secondo i modelli di oggi: la Rosina Vercellana, se fosse vissuta un secolo e mezzo più tardi, non sarebbe diventata una modella, né una star e nemmeno una comprimaria da palcoscenico, con le sue abbondanze e i suoi tratti grezzi.
Eppure il primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II, se ne innamorò e l’amò per un lungo suo pezzo di vita. Di un amore certamente tumultuoso e passionale nel segreto delle loro stanze da letto, ma che visto da fuori e a distanza di tanto tempo fu soprattutto un amore pacato, domestico e familiare, rasserenante malgrado tutto. Invidiabile, decisamente. «Chi si piglia si assomiglia» (o forse viceversa) sembra fatto apposta per questa coppia dall’aria niente affatto regale: tracagnotti entrambi, però fieri. Sguardo dritto e profondo di chi sa cosa vuole dalla vita. Sotto sotto (ma neanche tanto) un’aria di campagna.
Il giovane e a suo modo aitante Vittorio la vede per la prima volta affacciata a un balcone di Racconigi, alla fine dell’immancabile battuta di caccia (ci andava matto lui, ci andrà matta lei). È il 1847: lui ha 27 anni, quattro figli e uno in arrivo, è l’erede al trono del Regno di Sardegna. Lei di anni ne ha solo 14. Ma questa storia, piaccia o no, non c’entra niente con gli odierni caroselli pseudo-erotici del potere. È una storia di amore nel vero senso della parola, in e con tutti i sensi. Rosina darà a Vittorio due figli e la vita intera. Dopo la morte del re per una polmonite, nel 1878, lei gli «sopravviverà» (parole sue) sette anni. Prima, lo segue in tutte le tappe dell’Italia che si fa, sempre discosta. Ma sempre presente.
Vittorio resta vedovo di Maria Adelaide nel 1855. Sono solo le pedanti, insistenti, tenaci manovre (e minacce) di Cavour a impedirgli di sposare ufficialmente Rosina. Ancora oggi resta il mistero su quelle nozze morganatiche contratte nel 1869 in articulo mortis (quando l’avevano precipitosamente dato per spacciato), ma forse anche prima – e comunque quando ormai Cavour e il suo cipiglio non c’erano più. I figli di Rosina, Vittoria ed Emanuele Alberto, portano «Guerrieri» per cognome. Erediteranno da lei il titolo nobiliare di conti di Mirafiori e Fontanafredda, acquisito nel 1859.
Vittorio Emanuele II non la farà mai regina, la sua Rosina. Avrebbe voluto, ma glielo impedirono tante cose: pressioni politiche, veti dei figli «ufficiali», opportunità di ordine «mediatico». Ma certamente le case dove Rosina abitò – dalla Mandria a Venaria alla Pietraia nei pressi di Firenze, quando la capitale venne spostata lì, con grande cruccio e gravi disordini a Torino, alla Villa Mirafiori fatta costruire sulla Nomentana a Roma, apposta per lei – furono le vere case anche del re. Quelle dove trovava una vera famiglia, e un’aria vera di casa, con lei che lo aspettava per dargli tutto quello che una brava moglie sa dare a un marito. Certo, si vestiva in modo un po’ chiassoso, a un certo punto della vita sembrava un po’ troppo incline agli sfarzi – per quanto sempre relativi… E lui, d’altro canto, non mise mai a freno i propri istinti, incapricciandosi ogni due per tre dell’attrice di turno. Ma Rosina aspettava, paziente e fiduciosa. E lui sempre tornò, fino all’ultimo.

3 commenti:

Cinzia Ceccolin ha detto...

Ma che bella idea raccontare la storia della Bella Rosin:-) bè i canoni di bellezza di allora erano certo diversi di quelli di oggi, ma l'amore tra due persone quando arriva ti fa vedere tutto con gl'occhi dell'amore veramente:-) Complimenti per il tuo blog che ho il piacere di guardare e vedere solo oggi, un abbraccio Cinzia

lauraricama ha detto...

QUesta storia non la conoscevo proprio... che ignorante che sono!!! Grazie per averla raccontata!!!

ClaudiaC. ha detto...

brava mi hai catapultata nel 1800